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Fig. 2. Siracusa, portale della chiesa di Santa Maria delle Monache (via Labirinto).

 

 

Siracusa in età catalana.

La città nuova nell’età delle regine (1420-1536)

 

 

Lucia Trigilia

Università Catania, Italia

 

 

 

 

Sommario

Nella Siracusa tardo-medievale si rispecchiano gli usi, le tradizioni e lo stile architettonico dell’antica corona d’Aragona, cui appartenne il regno di Sicilia. Il governo delle regine si impone in particolare negli anni tra il 1420 e il 1530 in cui Siracusa diviene capitale della Camera Reginale e tra le più importanti città di Sicilia. In quest’epoca i porti di Siracusa, Catania e Agrigento, come già quelli di Palermo, Trapani e Messina, diventano meta privilegiata e approdo dei ricchi mercanti che dalla penisola iberica commerciano con i siciliani, a loro volta in contatto con Barcellona e altre città della Spagna. Sono gli stessi ufficiali al servizio delle regine a importare gli usi architettonici che riproducono a Siracusa la chiarezza palaziale delle dimore spagnole di Barcellona, Lleida, Girona, Valencia o Centelles. In tutta quest’area fiorisce ilgotico mediterraneo”, con i suoi chiaroscuri, i ricami di pietra, le bifore e trifore che ingentiliscono le facciate dei palazzi. Questo articolo delinea i caratteri della città aragonese-catalana, rimasta in ombra e quasi del tutto da scoprire. Addentrarsi nei patii con scale a cielo aperto e loggiato di chiaro influsso catalano è un’esperienza unica che fa comprendere la ricchezza della storia urbana, intreccio di culture diverse ed espressione di una civiltà edilizia che è un unicum.

Parole chiave: Siracusa, Camera Reginale, architettura catalana, scala a cielo aperto.

 

Resumen

En la Edad Media de Siracusa se reflejan las costumbres, tradiciones y el estilo arquitectónico de la antigua corona de Aragón, que pertenecía al reino de Sicilia. El gobierno de las reinas se impone en particular en los años entre 1420 y 1530 en que Syracuse se convierte en la capital de la Camera Reginale y una de las ciudades más importantes de Sicilia. En este momento los puertos de Siracusa, Catania y Agrigento, como ya los de Palermo, Trapani y Messina, se convierten en un destino privilegiado y puerto de ricos mercaderes que desde la Península Ibérica comercian con los sicilianos, a su vez en contacto con Barcelona y otras ciudades de España. Los mismos funcionarios sirven a las reinas para importar los usos arquitectónicos que reproducen en Siracusa la claridad palaciega de las residencias españolas de Barcelona, Lleida, Girona, Valencia o Centelles. En toda esta zona florece el “gótico mediterráneo”, con su claroscuro, los bordados de piedra, las ventanas geminada y las ventanas de tres luces que refinano las fachadas de los edificios. Este artículo describe los personajes de la ciudad aragonesa-catalana, quedada en la oscuridad y casi completamente por descubrir. Entrar en los patios escaleras descubierta y una galería de arcos de clara influencia catalana es una experiencia única que nos hace comprender la riqueza de la historia urbana, el mezcla de diferentes culturas y la expresión de una civilización constructora que es única.

Palabras clave: Siracusa, Cámara Reginal, arquitectura catalana, escala escuberta.

 

Abstract

In the late-medieval Syracuse customs, traditions and architectural style of the ancient Crown of Aragon, which belonged to the kingdom of Sicily, are reflected. The Government of the Queens is imposed, in particular in the years between 1420 and 1530, when Syracuse becomes the Capital of the Camera Reginale and one of the most important cities of Sicily. At that time, the ports of Syracuse, Catania and Agrigento, as already were those of Palermo, Trapani and Messina, became a privileged destination and port for rich merchants, who were trading from the Iberian Peninsula with the Sicilians, that in turn were in contact with Barcelona and other cities in Spain. The same officials who served the Queens imported the architectural uses that reproduce in Syracuse the palatial clarity of the Spanish residences of Barcelona, Lleida, Girona, Valencia or Centelles. In all this area the “Mediterranean Gothic” flourishes, with its chiaroscuro, the stone embroideries, and the two- or three-light windows that decorate the buildings’ facades. This article outlines the characters of the Aragonese-Catalan city, so far left in the somewhat shade and almost entirely to be discovered. Entering the patios with their open-air stairs and loggias of clear Catalan influence is an extraordinary experience that makes us understand the richness of urban history, interweaving of different cultures and expression of a unique building civilization.

Keywords: Syracuse, Reginal Chamber, Catalan architecture, open-air staircase.

 

 

atrio 22 | 2016            ISSN: 0214-8293 | pp. 08-19


 

 


 

 

Questo articolo rivolge uno sguardo rinnovato su Siracusa del Quattro-Cinquecento considerata come insieme unitario di testimonianze. Ne emergono la città e i valori urbani di epoca catalana col suo sistema palaziale. Dalla serie di esempi che è possibile considerare prende corpo una fitta trama di architetture che fanno di Siracusa un palinsesto di varie epoche, cui ha contribuito non poco la cultura costruttiva aragonese- catalana ancora leggibile sui molti fronti murari dei palazzi, nei numerosi cortili e in molteplici dettagli architettonici. Le diffuse presenze di quest’epoca, così come sono state analizzate, contraddicono l’idea che  si tratti di frammenti risparmiati dai terremoti.

 

Nel fitto tessuto di stratificazioni che caratterizza la città può apparire difficile riscoprire il significato e la bellezza dell’architettura siracusana del Quattrocento e Cinquecento. Un tesoro a volte nascosto che può essere svelato a chi si soffermi a guardare la moltitudine di portali ispanizzanti con le pietre squadrate disposte a raggiera, i paramenti murari di piccoli conci, le bifore e trifore che ingentiliscono le facciate creando ricami di luce con eleganti chiaro-scuri; può apparire al visitatore curioso che varcando gli ampi portali cordonati si trova d’un tratto in un fascinoso angolo di Catalogna. Ai suoi occhi si aprono ariosi cortili, a volte carichi di vegetazione e di palme, porticati o con “scale a cielo aperto” di chiaro influsso catalano.

 

Fig. 1. Sigillo in cera rossa della regina Maria di Castiglia, 1431, Archivio di Stato di Siracusa

 

Molti palazzi di Ortigia, l’antico centro urbano di Siracusa, rivelano intrecci culturali di origine spagnola. Dalla Catalogna e da Barcellona provengono gli echi e le suggestioni maggiori che rimandano a Palazzo Centelles, Palazzo Nadal o Palazzo Major de Rei. Le eleganti trifore di Palazzo Bellomo richiamano quelle di Palazzo Finestres e della Deputazione provinciale di Barcellona, e non solo. Molte altre città del mondo iberico sembrano rispecchiarsi nei palazzi di Siracusa del Quattro-Cinquecento: Lleida, Girona, Villafranca, Valencia1. Familiari appaiono le stereometrie, analoghi i portali anche se a volte non cordonati, le bifore e le trifore. Si è attratti dalla medesima luminosità delle superfici murarie, dalla chiarezza dei disegni palaziali, pure geometrie di blocchi squadrati in cui il portale è il primo segno di un’antica affinità, cui contribuiscono numerosi altri dettagli linguistici.

 

Il carattere stilistico che è possibile riscontrare nella cultura urbana e nel linguaggio architettonico di parte del centro antico di Siracusa, pur nella complessità delle stratificazioni, delle cronologie e delle differenze che coesistono tra declinazioni trecentesche e quattrocentesche, può essere chiarito dal quadro storico. Quando la Sicilia passa alla corona d’Aragona una serie di norme giuridiche vengono introdotte nell’Isola, tra cui l’istituzione della “Camera” in forza della donatio propter nuptias del diritto romano. Il 22 gennaio 1292 Giacomo II assegna alla moglie Isabella di Castiglia le rendite e i proventi delle città di Siracusa e Lentini quale dotario; si tratta della prima Camera a includere Siracusa.

 

La città diviene presto la più importante e tra il 1420 e il 1536 assume il prestigioso status di capitale2 della Camera reginale (Fig. 1). Un peculiare sviluppo edilizio cittadino, con aree di residenza nobiliare segna le trasformazioni di quest’epoca. I benefici di tale condizione privilegiata sappiamo essere stati numerosi e importanti per l’identità non solo politica, ma anche culturale e artistico-architettonica di Siracusa. Vanno ricordati l’incremento degli abitanti e la grande fioritura del gotico catalano, importato dalla nobiltà di Stato di provenienza spagnola, al servizio degli uffici della Camera Reginale3. L’arte del costruire, secondo precisi stilemi, si fa itinerante; le numerose famiglie trapiantate a Siracusa al seguito delle regine tendono a ricostituire nella nuova città di residenza angoli di Catalogna con complessi architettonici che richiamano i loro palazzi d’origine, nell’impianto e perfino nei dettagli o nei preziosi intagli. Si tratta di una ricca e agiata committenza che segna il volto della città e intende vivere secondo gli usi catalani.

 

    

Fig. 3. Siracusa, palazzo Interlandi-Landolina.

 

 

Nonostante i conflitti sociali e le calamità naturali, Siracusa attraversa in questo momento un periodo di grande prosperità, che non manca di riflettersi nel decoro urbano e nell’architettura in cui persistono marcati caratteri ispanizzanti ma di segno nuovo. Rispetto ai palazzi trecenteschi, in cui domina ancora l’influsso chiaramontano, col portale ad arco acuto e gli arditi trafori che ricamano le facciate, l’atrio con la scala scoperta e annesso loggiato costituisce invece il segnale nuovo della corrente catalaneggiante. Un altro marcato segno di novità è dato dal portale centrale che va perdendo la sua struttura ogivale per esser definito da conci disposti a raggiera disegnando un arco a pieno centro (Fig. 2). Le finestre per lo più rettangolari, quando non persiste il riflesso gotico nelle bifore, si aprono ora anche al pianterreno, quasi sempre compatto nella massa muraria dei palazzi trecenteschi. Sulle colonnine si stende una piattabanda cinta da arco depresso e lunetta cieca. Esempi del nuovo orientamento architettonico sono a Siracusa l’ex palazzo Interlandi-Landolina (Fig. 3), i rifacimenti quattrocenteschi di palazzo Bellomo, l’ex palazzo dell’Orologio con il suo cortile (Fig. 4), i palazzi Zappata-Gargallo (Fig.5) e Gargallo in San Leonardo con la scala a cielo aperto, palazzo Danieli-Rizza in via Maestranza, i palazzi Lanza e Migliaccio4, il portale e l’edicola di Porta Marina, il chiostro di San Domenico. Un vero e proprio sistema di portali5 con archi a pieno centro, definito da conci a raggiera, è inoltre riconoscibile in molti edifici del centro antico.

 

  

Fig. 4. Siracusa, ex palazzo dell’Orologio, la scala a cielo aperto.

 

 

A questo punto è bene domandarsi: si tratta di frammenti? A mio avviso non siamo di fronte a brani avulsi da un tutto unitario, risparmiati dai terremoti o dal corso del tempo. La questione a Siracusa è più complessa che altrove negli Iblei, dove la presenza di frammenti residuali non consente di valutarne l’incidenza nel contesto urbano. Bisogna pur riconoscere che questo tipo di edilizia ha subito pesanti trasformazioni interne, ma che rimane pur tuttavia ben leggibile nelle masse murarie dei prospetti, nelle ampie corti con la scala escuberta”, nei tanti loggiati, nel diffuso sistema di portali e in molti dettagli architettonici.

 

In questa edilizia ritroviamo i segni di uno stile quattrocentesco catalano che attraversa non solo Siracusa ma che è anche ben rappresentato in altre città della Sicilia e nell’area orientale, ad esempio a Taormina, dove le famiglie nobili eressero similmente grandiosi edifici di rappresentanza come palazzo Cianpoli e Corvaia. Un linguaggio legato ancora al gotico fiorito attraversa Randazzo, città cara ai sovrani aragonesi,  e Ragusa, dove il fastoso portale, un frammento del vecchio San Giorgio è dominato dalla profusione delle colonnine da cui si dipartono le fitte cordonature, che si concludono con la ghiera esterna a forma di cuspide e decorazione fogliacea.

 

Influssi nuovi dovettero registrarsi in Noto Antica dove risulta operare l’architetto Matteo Carnilivari ed è documentata una consistente attività artistica6; sono presenti nella contea di Modica, nelle varie città della Camera reginale e si riflettono soprattutto a Palermo, crocevia di culture e stili, centro della principale attività del Carnilivari7, che si impone con una spiccata personalità in edifici sia civili che religiosi, tra cui vanno ricordati in particolare palazzo Abatellis, palazzo Aiutamicristo e la chiesa di Santa Maria della Catena8, in cui si mostra capace di un linguaggio originale più “moderno” senza rinunciare agli stilemi del Gotico come carattere identitario dell’area mediterranea; certamente un eclettico di rango.

 

L’edilizia quattrocentesca a Siracusa è soprattutto di tipo palaziale; la quantità e qualità architettonica delle dimore signorili, segno della nuova stagione delle regine, è espressione del potere della nobiltà urbana che vive attorno alla corte aragonese, cui si aggiunge il ricco e colto ceto dei mercanti, attratto dal grande e accogliente porto siracusano, nel quale approdano numerose maestranze aragonesi e certo catalane. L’attività del porto non solo siracusano, ma anche di Catania, Palermo e Messina, favorivano contatti con Maiorca, Barcellona, Valencia ed altre città spagnole. E’ il periodo delle Lonjas che permettono di esportare prodotti ma anche usi e modelli artistici e architettonici per tutto il Mediterraneo. Importanti famiglie di origine catalana, tra cui anche quelle di marinai e mercanti, si stabiliscono in Sicilia, provenienti soprattutto dalle regioni peninsulari della corona d’Aragona9.

 

Fig. 5. Siracusa, Palazzo Zappata-Gargallo, particolare della scala a cielo aperto.

 

Col ritorno di Siracusa al regio demanio, dopo il governo delle regine, la città acquista anche un ruolo strategico di primo piano nel sistema difensivo imperiale, divenendo piazzaforte militare e chiave del regnonella lotta contro i turchi. In questo quadro si inseriscono in epoca spagnola il rafforzamento della cinta muraria –che non riguarda solo Siracusa, ma tutte le città costiere divenute luoghi-forti di Sicilia– e la ridefinizione del disegno urbano attraverso opere bastionate alla moderna”10; un diffuso potenziamento militare su cui si riflettono nell’Isola gli avanzamenti della trattatistica rinascimentale nel campo delle opere fortificate11. Si tratta degli esiti del Rinascimento legato al disegno e alle tecniche delle nuove cinte bastionate che riconfigurano nella Sicilia orientale e occidentale i confini delle città. Siracusa ne è esempio evidente, inserita nel sistema difensivo spagnolo delle città costiere (da Carlentini ad Augusta, da Catania a Messina, da Palermo a Trapani). Parallelamente alla costruzione di opere urbane e di fortificazione, il clero e l’aristocrazia si adoperano per accrescere il decoro della città. L’annalista siracusano Serafino Privitera ricorda:

 

le fabbriche di nuovi palazzi che innalzavano i signori e i ricchi, dei quali gli avanzi, che ve ne ha non pochi, si discernono tuttavia per il gusto e lo stile di quell’epoca, che ancor ritenevano del gotico, tutti di pietre palmari riquadre con finestroni intagliati a fregi e colonnette sottili nel mezzo, e con portoni adorni di sopra di un arco a ventaglio.”12

 

Una ricaduta senza precedenti risulta avere nell’edilizia il provvedimento approvato nel 1437 dalla regina Maria di Castiglia, che introduce il moderno concetto di esproprio per pubblica utilità di vecchie case abbandonate e botteghe cadenti. Tale strumento innovativo consente alla ricca committenza nobiliare siracusana di realizzare ex novo, aggiornare o ampliare i propri prestigiosi palazzi, ricostituendo in Ortigia un ambiente prettamente familiare capace di ricreare mai sopite suggestioni e memorie catalane. Una prima prammatica dell’aragonese re Martino prende corpo a Catania già nel 1406. D’altra parte nel corso del XIV e XV secolo si consolida in Sicilia una politica delle città che tende ad accrescere il decorem et perpetuum statum civitatis13, come recita la prammatica relativa a Palermo del 1421, in cui si dichiara che la città deve moltiplicare i suoi palazzi ai fini dell’ornamento e del decoro. Questa politica si esprime dunque attraverso una serie articolata di prescrizioni edilizie che evidenzia un forte interesse urbano, il cui esito appare in una serie di interventi nelle città siciliane. Nelle città-porto del Mediterraneo il gotico della fine del Quattrocento si identifica con la “arquitectura de la ciudad”14.

 

Dopo il terremoto del 1693 il Senato cittadino chiede al governo centrale il prolungamento di una disposizione emanata nel 1657, che consente anch’essa l’esproprio per pubblica utilità di case cadenti e abbandonate. Questa norma si traduce in un ulteriore incentivo all’edilizia e al decoro cittadino. Ne costituisce esempio emblematico lo sviluppo dell’asse di via Maestranza, l’anticastrada maestra” che per l’archeologo Paolo Orsi coincideva in età romana col decumanus maximus. In epoca tardo-medievale la via è luogo di residenza tra i più ricercati dalla nobiltà per erigervi le proprie ricche dimore. In tale ambito va ricordata la forte concentrazione di famiglie nobili, tra le quali predominano quelle di origine spagnola, trasferite in città dal tempo del governo delle regine, come quella degli Impellizzeri o degli Zappata o dei Gargallo (Fig. 6). L’immigrazione della nobiltà dalla Catalogna si rivela definitiva per le famiglie Nava e Bellomo (Fig. 7); anche la nobile famiglia dei Gargallo è originaria dai confini tra Catalogna e Aragona. L’elenco si fa più lungo per i collaboratori degli ufficiali della Camera, tra cui si ricordano le famiglie Zumbo, Bonaiuto, Diamante, Arezzo, De Grandis, Montalto, Perno, Contarini, Mirabella, Abela, che gestiscono il potere urbano controllando spesso le stesse cariche della Camera. Tra i nobili di via Maestranza, Antonio Interlandi risulta maestro razionale della Camera Reginale nel 1387. Non mancano poi famiglie come gli Ardizzone iscritte allamastra nobile”, istituita nel 1459, che consentiva di accedere alle più importanti cariche pubbliche della città. Gli studi parlano della formazione del patriziato urbano e del nuovo ceto degli ufficiali, il cui ruolo si riflette nella differenziazione degli spazi cittadini con aree destinate all’edilizia privata, nobiliare e pubblica15.

 

Fig. 6. Stemma araldico della famiglia Gargallo.

 

Fig. 7. Stemma araldico della Famiglia Bellomo.

 

Alcune notizie d’archivio relative a un atto del 1481, oltre che far luce sull’originario palazzo acquistato dal barone Impellizzeri per farvi la sua sontuosa dimora, sono esemplificative di quanto avviene in vari edifici dell’antica strada maestra’ sottoposti in quegli anni a trasformazioni. Si tratta del palazzo signorile dell’aragonese Calcerando da Calatagirone che stipula un contratto con i capimastri ebrei Matteo Mayir e il figlio Muxa, muratores ludey, che si obbligano a “mutare et de novo construere quoddam palacium in civitate Syracusarum in contrada magistre…”16.

 

Lo studio dei Riveli dal XV al XVIII secolo, in una ricerca che ho coordinato sulle dimore di via Maestranza17, testimonia l’esistenza di originari corpi di fabbrica di minori dimensioni inglobati in unità abitative maggiori. Secondo i Riveli del Seicento, gli edifici sulla via risultavano formati da nuclei di diverse famiglie, le cui proprietà e cronologie ora ricostruite, potevano distinguersi a seconda del casato in “tenimenti di case” o “case grandi”. La lettura documentaria incrociata con quella dei paramenti murari ha rivelato o confermato innesti di varie epoche e intrecci di linguaggi fra Tre-Quattrocento e Barocco. Il risultato fa emergere una straordinaria stratificazione nel più ampio contesto di Siracusa. La città possiede numerosi e consistenti nuclei di fabbriche, tra cui quelle ricordate, che hanno resistito a più terremoti, pur registrando innesti e trasformazioni che non ne mantengono l’assetto originario. E’ la prova però di un tessuto urbano quattro-cinquecentesco, solo in parte conosciuto, su cui si sono innervate le trasformazioni dell’età barocca.

 

Mentre nel Nord e nel Centro Italia si sviluppa nel Quattrocento lo stile classico rinascimentale, nel levante iberico, nel meridione d’Italia, a Napoli, e nelle Isole, compresa Malta, si sviluppa una coerente linea di continuità che la recente storiografia chiama più appropriatamentegotico mediterraneo18.

 

L’architettura siciliana del Quattrocento indica la presenza del gotico ispanizzante associato alla koiné dell’area del Mediterraneo19. In questo quadro, l’architettura siracusana del Quattrocento, fatta eccezione per i saggi curati da Giuseppe Pagnano20, appare una stagione piuttosto trascurata. Il Quattrocento siracusano si direbbe un’età dimenticata fino a circa i primi decenni del Novecento se non fosse per l’importante contributo storiografico di rivalutazione offerto a partire dal 1926 da Giuseppe Agnello con i suoi scritti sull’architettura aragonese e catalana. Le analisi sull’affinità e gli influssi spagnoli nell’ambiente culturale siciliano segnano una pagina nuova nella storia dell’architettura ispano-sicula. Il suo volume Siracusa nel Medioevo e nel Rinascimento del 196421 apre uno squarcio su una vastissima produzione di arte e architettura, cui si era guardato fino ad allora in modo critico se non addirittura con sospetto, data la distanza con ‘l’autenticorinascimento fiorentino. L’uso fin dal titolo del terminerinascimento’ è indizio di coraggio critico, dote che certo non mancava all’Agnello, protagonista di vere battaglie sul patrimonio culturale. Il suo saggio L’architettura aragonese-catalana nell’Italia insulare e continentale apparso nel 1966 getta nuova luce su una produzione non solo siciliana; lo scritto richiama le aree allora misconosciute della Puglia, Calabria, Sardegna, oltre che del napoletano, facendo progredire la corrente di rivalutazione dell’arte medievale, che muove i primi passi nel primo trentennio del Novecento22.

 

Da una fioritura di studi prende corpo la riscoperta di un’edilizia rimasta ai margini della storia dell’architettura, discriminata come perifericarispetto al Gotico europeo e considerata antiquata rispetto al Rinascimento toscano. Si comprende così anche la presenza di superbi scultori come Domenico e Antonello

 

    

Fig. 8. Siracusa, Rilievo di un portale in via carceri Vecchie.                                     Fig. 9. Villafranca, Palazzo Baltà, particolare del portale.

 

Gagini e Francesco Laurana o di pittori come Antonello da Messina in Sicilia e non solo. Sono i pionieri di un Rinascimento incipiente nelle arti, nella scultura come in pittura, che si avverte pure in certe forme architettoniche di transizione non più subalterne al Gotico. D’altra parte la sfortuna critica dell’arte catalana, e più in generale di quella aragonese o gotica siciliana e perfino italiana, ha radici che si possono far risalire in qualche modo addirittura al Vasari. Tutte quelle espressioni artistiche lontane dalla riscoperta dell’Antico, non ispirate alla misura e all’armonia classica erano state liquidate come “arte dei barbari. Si comprende come l’architettura gotico-catalana sia stata oggetto di discredito, ritenuta provinciale e non autentica, rimasta in ombra a Siracusa, rispetto al barocco, che pur ha subito le sue condanne, ma che ha in modo più diffuso lasciato il segno nella ricostruzione settecentesca dopo il terremoto del 1693.

 

Conclusioni                                                                                                   

Che Siracusa medievale non sia stata del tutto devastata dal terremoto del 1693, come ho avuto modo di dimostrare in altri scritti23, lo testimonia l’architettura dei numerosi palazzi di Ortigia d’impronta aragonese-catalana. A questi bisogna aggiungere la moltitudine di testimonianze sparse per il centro storico: portali  con arco a pieno centro, o ad arco acuto, edicole, stemmi, finestrelle, aperture impreziosite da cordonature o ricami in pietra, patii, scale a cielo aperto oppure antichi paramenti murari tutti di pietre palmari riquadre(Fig. 8, 9) in edifici inglobati nelle trasformazioni barocche senza però esserne annientati.

 

Si tratta solo di frammenti di architettura risparmiati dai terremoti e in particolare dallhorribilissimosisma del 1693? Più che di frammenti, data la quantità e qualità di testimonianze ancora ben leggibili, io parlerei di felice convivenza tra stili e linguaggi, di capacità delle maestranze locali di saper rimodulare l’antico col moderno. A documentare l’attaccamento all’arte del quattrocento spagnolo contribuisce non poco a Siracusa anche la presenza di architetture in stile neocatalano, capaci di creare unità di cultura e mo- delli in alcuni ambienti di Ortigia. Non a caso il primo progetto del Teatro Comunale è disegnato nel 1872 da Antonio Breda con un linguaggio a metà tra gotico catalano e rinascimentale.

 

Segni dell’originario impianto del XV secolo possono leggersi nel palazzo Danieli-Rizza di via Maestranza, nella cui facciata, col paramento murario in piccoli conci squadrati, si integrano e dialogano i caratteri del linguaggio tardo-medievale e barocco: due epoche si direbbe in perfetto equilibrio.

 

In questa edilizia è il segno dei forti legami con la cultura iberica, che ha lasciato tracce profonde in Sicilia. Nell’età in cui Firenze è culla del Rinascimento, nell’Isola si proietta ancora il linguaggio e la solarità d’influenza tutta spagnola, che persiste nel corso del Quattrocento, nonostante alcuni evidenti segnali di cambiamento, riconoscibili nelle architetture d’avanguardia di Matteo Carnilivari e di suoi epigoni24, in cui si fondono Medioevo e Rinascimento o meglio lo stile gotico mediterraneo non subalterno al classico. Rispetto alla più marcata rinascita della tradizione classica, che si registra in Italia come movimento nuovo, è acclarato che non si intravede ritardo o segnale di provincialismo. L’attardarsi della cultura medievale, oggetto di rivalutazione profonda25 sia a livello europeo che di studi locali, è portatrice di caratteri identitari forti e riconoscibili nonché di nuove e più interessanti interpretazioni. Vi si riconosce il segno di una civiltà edilizia propria che dialoga in Sicilia e a Siracusa con una forte tradizione architettonica di provenienza non italiana e con una salda antica tradizione costruttiva locale, che si rifà a culture, saperi ed etimi più remoti, fortemente identitari. Il sapere costruttivo si tramanda felicemente nell’attività di abili maestranze purtroppo rimaste anonime, data la carenza di documenti che quest’epoca registra. E’ però talmente forte il ruolo di artigiani e maestranze siracusani da proiettarsi anche fuori dalla città, come dimostrano le architetture di Mdina, l’antica capitale di Malta26. Qui molti palazzi, ritengo utile segnalarlo, ricordano nella configurazione e nei caratteri stilistici gli edifici catalani di Ortigia, cui contribuisce pure l’uso di determinati materiali come soprattutto la pietra. Questa viene usata nelle sue qualità più diffuse: calcarea, tufacea, arenaria, adoperata in conci squadrati per formare paramenti murari esterni e interni. Il carattere del muro siciliano senza soluzione di continuità appartiene alla koiné del Mediterraneo ed è possibile immaginare in epoca catalana un trasferimento di saperi e tecniche costruttive in area maltese. D’altra parte i rapporti tra le due isole, anche nella direzione Malta-Sicilia, sono sempre stati intensi in epoca non solo catalana.

 

Nella specificità degli intrecci culturali e degli influssi capaci di essere rimodulati rispetto alle diverse e più lontane provenienze è il segreto del tesoro delle città, di una identità che rimane unica e irripetibile. Una polifonia.

 

 

 

1.            ZARAGOZA’ CATALA’N, A., Arquitectura gótica valenciana siglos XIII-XV, Valencia, Generalitat Valenciana, Pentagraf Impresores S. L, 2000.

2.            Per tutti gli aspetti politici, culturali e di norme giuridiche relativi alla storia di Siracusa dal Vespro in poi si segnala, anche per una aggiornata visione storiografica e documentaria: AGNELLO, G. M., Ufficiali e gentiluomini al servizio della Corona. Il governo di Siracusa dal Vespro all’abolizione della Camera reginale, Siracusa, Barbara Micheli editore, 2005; IDEM, “Il Carteggio Gaetani-Schiavo intorno alla Camera Reginale di Sicilia”, in Clio, XIX, 1983, 597-610, Roma, Elsinore.

3.            AGNELLO, Ufficiali…, op.cit., pags. 21-60.

4.            Alle dimore già elencate si aggiunge un altro palazzo della nobile famiglia Gargallo al Carmine e palazzo Abela Danieli in via Mirabella. Palazzo Gargallo al Carmine, di origine quattrocentesca ha subito diverse stratificazioni a partire dal ‘600 per vedere parzialmente conclusa la fase restaurativa nel 1892. Palazzo Gargallo a San Leonardo, dopo il restauro settecentesco voluto dalla famiglia, è stato abbandonato negli ultimi anni dell’800. Dopo vari restauri, l’edificio originario è tornato in parte allo splendore di un tempo, con la caratteristica scala a cielo aperto e risega dei gradini di età catalana. Sul sistema dei palazzi della famiglia Gargallo: Tesi di Dottorato di E. Papalia (in Pianificazione e progetto per il territorio e l’ambiente, Università di Catania, XXVI ciclo, tutor L. Trigilia). Palazzo Abela Danieli, di età quattrocentesca, conserva numerosi segni del suo originario impianto che possono ancora leggersi nel paramento murario di piccoli conci squadrati e nell’ampio portale d’ingresso, caratteri che lo accomunano ad altri palazzi di epoca catalana. Il maestoso portale che immette nel cortile è definito dai caratteristici conci lisci disposti a ‘ventagliolunghi un metro, chiusi da una cornice mistilinea che smussa la cuspide arrotondandola. Altre tracce originarie possono riconoscersi nella cornice marcapiano e nella finestra a bifora al secondo piano. All’interno si apre un’ampia corte con loggia a quattro arcate e uno scalone.

5.            SGARIGLIA, S., “I portali catalani nell’architettura civile di Siracusa”, in PAGNANO G., Verso un repertorio dell’architettura catalana. Architettura catalana in Sicilia (provincie di Agrigento, Ragusa, Siracusa, Trapani), Siracusa, Lombardi editori, 2005, pags. 31-40.

6.            LITTARA,V., Storia di Noto antica dalle origini al 1593, traduzione di Balsamo, F., Noto 1969 (ed. latina 1593); MELI, F., Matteo Carnilivari e l’architettura del Quattro e Cinquecento in Palermo, Roma, Fratelli Palombi, 1958, doc. 40, pags. 59-60; ROTOLO, F., “L’attività artistica a Noto nei secoli XV e XVI”, in Atti e Memorie ISVNA, X-XI, 1979-80, pags. 51-88; BARES, M., “Noto nel Quattrocento”, in NOBILE (a cura di) Matteo Carnilivari, Pere Compte 1506-2006. Due Maestri del gotico Mediterraneo, catalogo della mostra, Palermo, Edizioni Caracol, 2006, pags. 59-64.

7.            Per i saggi più aggiornati su Matteo Carnilivari, la sua architettura, il suo tempo nel quadro mediterraneo si veda soprattutto: NOBILE (a cura di), Matteo Carnilivari, Pere Compteop. cit.; IDEM, “Un altro gotico, un altro classicismo. Architettura, cantieri e committenza in Sicilia nell’età di Ferdinando il Cattolico: l’opera di Matteo Carnilivari”, in CHECA, F. e GARCÍA, B. J. (a cura di), El Arte en la corte de los Reyes Católicos. Rutas artísticas a principios de la Edad Moderna, Madrid, 2005, pags. 41-60; si vedano anche su Carnilivari: Meli, Matteo Carnilivariop.cit: ; AGNELLO, G., “L’arte di Matteo Carnilivari nel quadro dell’architettura del Quattrocento in Sicilia”, Noto, 1977 in Atti e Memorie ISVNA, 7-8; ROTOLO, F., Matteo Carnilivari. Revisione e documenti, Palermo, Istituto Storico Siciliano, 1985.

8.            Per gli aggiornamenti su Palazzo Aiutamicristo e il suo progetto: PIAZZA, S. in NOBILE (a cura di), Matteo Carnilivari …, op. cit., pags.144-147 e sgg.; su Palazzo Abatellis e la Chiesa di Santa Maria della Catena: NOBILE, M. R., op. cit., pags. 154-161 e sgg.

9.            CONEJO DA PENA, A., “La arquitectura Civil en la Sicilia del siglo XV: influencias del levante de la Corona de Aragón”, in Quaderni del Mediterraneo, n. 10, 2013, pp. 121-166 parla di “influencias del levante de la Corona de Aragón” nella Sicilia del XV secolo.

10.          TRIGILIA, L., Siracusa architettura e città nel periodo vicereale 1500-1700 (introd. di Fagiolo M.), Roma, Eliograf, 1981, pags. 7-36; IDEM, “Disegni di fortificazioni siciliane tra XVI e XIX secolo” in FAGIOLO, M. TRIGILIA, L. ( a cura di), Il Barocco in Sicilia tra conoscenza e conservazione, Siracusa, Ediprint, 1987, pags. 145-185; DUFOUR, L., Siracusa città e fortificazioni, Palermo, Sellerio, 1987.

11.          CASAMENTO, A., GUIDONI, E. (a cura di), L’urbanistica del Cinquecento in Sicilia, Roma, Edizioni Kappa, 1999; nell’introduzione al volume Guidoni scrive, pags. 6-7: “ la sua posizione strategica garantisce alla Sicilia un primato nel periodo di massima espansione delle fortificazioni e delle realizzazioni urbanistiche ad esse collegate”.

12.          PRIVITERA S., Storia di Siracusa antica e moderna, II, Napoli, 1878-79, p. 183 (anastatica Bologna, Forni Editore); TRIGILIA, Architettura e città…, op. cit.

13.          BELLAFIORE, G., Architettura in Sicilia (1415-1585), Palermo, Susanna Bellafiore editore, 1984, pags. 15-20.

14.          MIRA E., “La corona de Aragón, los Estados de Borgoña y la arquitectura tardogótica”, in El arte en la Corte de los Reyes Católicos…, op.cit., págs. 29-39; GIUFFRE’, M., “Palermo nel Quattrocento”, in NOBILE (a cura di) Matteo Carnilivari …, op. cit., pags. 47-51.

15.          GALLO, F. F., Siracusa barocca politica e cultura nell’età spagnola sec. XVI-XVIII, Roma, Viella, 2008, pags. 23-26.

16.          Atto dell’1 ottobre 1481 del notaio Niccolò Vallone: i capimastri si obbligano con l’onorabile Calcerando a “mutare et de novo construere quoddam palacium in civitate Syracusarum in contrada magistre ruge altitudinis palmorum XXXX infra ad electionem dicti Galcerandi”. Inoltre detti muratori sono tenuti a intagliare “omnes cantos quo necesse fuerint pro dicto maragmati tantu di finestri quantu di porti ed altri necessari”. In proposito CUSMANO, C., D’ATTILA, C., Palazzo Impellizzeri un restauro a Ortigia, Siracusa, Edizioni Papageno, 2001, pags. 7-8. La loggia ad archi su colonne del palazzo Impellizzeri indica profondi lavori di trasformazione in parte successivi al terremoto del 1542.

17.          Il rapporto tra grandi architetture e ambiente urbano a Siracusa: l’asse di via Maestranza: Tesi di Laurea di A. Cicero e E. Papalia (relatore L. Trigilia, a.a. 2005-06); inoltre TRIGILIA, L. con CICERO, A. e PAPALIA, E., “’Mutare et de novo construere in contrada magistreresidenze aristocratiche a Siracusa”, in (Fagiolo M. a cura di), Residenze nobiliari, Italia meridinale, Atlante tematico del barocco in Italia, Roma, De Luca editore, 2009, pags. 363-371.

18.          ZARAGOZA CATALAN, “Costruire alla maniera degli antichi romani con stile gotico: architetture del gotico mediterraneo” in NOBILE (a cura di)…, op. cit. pags. 13-24.

19.          NOBILE (a cura di), op. cit.

20.          PAGNANO, G. (a cura di), L’architettura di età aragonese nel Val di Noto, Siracusa, Lombardi editori, 2007; IDEM, “Verso un repertorio dell’architettura catalana”, in PAGNANO op. cit., IDEM, “Siracusa i paramenti lapidei di età aragonese”, in NOBILE (a cura di)…, op. cit., pags. 53-58; si segnala per altre aree: ANDREOZZI, L. (a cura di), Verso un repertorio dell’architettura catalana in provincia di Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Roma, Aracne, 2005.

21.          AGNELLO, G., Siracusa medievale, Catania, Muglia, 1926, IDEM, L’architettura aragonese-catalana in Siracusa, Roma, Arti Grafiche, 1942; IDEM, Siracusa nel Medioevo e nel Rinascimento, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia, 1964; IDEM, “L’architettura aragonese-catalana nell’Italia Insulare e continentale”, in Rivista Storica del Mezzogiorno, I, fasc. III-IV, 1966, pags. 243-249 e sgg.

22.          BARBERA, P., “Storiografia dell’architettura d’età aragonese in Sicilia”, in PAGNANO, L’architettura d’età aragonese …, op. cit., pags. 9-22.

23.          TRIGILIA, L., Siracusa distruzioni e trasformazioni urbane dal 1693 al 1942 (introd. di Agnello S. L.) Roma, Officina, 1985; IDEM, “Quattro edifici religiosi a Siracusa: riflessioni e nuovi contributi per la storia della città”, in TRIGILIA, L. (a cura di), Siracusa, quattro edifici religiosi, Siracusa, Ediprint, 1990, pags. 5-18.

24.          BOSCARINO, S., “Architettura e urbanistica dal Cinquecento al Settecento”, in Storia della Sicilia, X, Roma, Editalia, 2000, pags. 10-48.

25.          BARBERA, P. in PAGNANO, L’architettura d’età aragonese…, op. cit., pags. 9-22.

26.          Su Medina si veda DE LUCCA, D., Mdina a history of its urban space and architecture, Valletta, Said International, 1995: “With such patrons showing such a refined interest in this Mediterranean expression of Gothic architecture, it is not at all surprising that the Gothic Chiaramonte style reached Mdina very soon after its first appearance in Sicily”.

 

Fecha de recepción: 08/03/2016 Fecha de aceptación: 16/05/2016