
Fig.1. Giuseppe Vismara, Soledad, Milano, Istituto Redaelli.
Fot.: Il tesoro dei poveri: il
patrimonio artistico delle istituzioni pubbliche di assistenza beneficenza, Cinisello Balsamo, 2001
Le “Soledades”
nello stato di
Milano sotto la Spagna e oltre
The “Soledades” in
the state of Milan under Spain and over
Estudioso con idoneidad a la
enseñanza de Historia del Arte, Italia
Nel XVII secolo cominciò
anche nello Stato di Milano
la devozione alla Vergine della Soledad per impulso dei gesuiti ma è probabile
che la prima immagine in Milano fosse
nella chiesa dei Minimi come dice una stampa del 1680 dedicata alla moglie del Governatore. Qualche anno dopo il medico di Carlo II,
nativo di Gravedona, un villaggio
sul lago di Como, fece avere alla chiesa
della Soledad una statua
del medesimo soggetto. Sono state molte
le rappresentazioni della
Soledad ma poche sono sopravvissute. Una fu scoperta pochi anni fa presso
l’Istituto Redaelli in
Milano ma proveniente da un palazzo
di proprietà gesuita. La più importante, anche se anonima,
è quella della cappella delle Anime del Purgatorio nella chiesa di San Bernardino alle
Ossa in Milano. Questa cappella fu un luogo di devozione per la nobiltà milanese di sentimento filospagnolo non solo sotto gli Asburgo
di Spagna ma fino a Maria
Teresa d’Austria. Che la devozione
alla Soledad era forte
anche sotto gli Asburgo di Vienna è dimostrato da una bella statua della Soledad nella chiesa di Casorate, un paese tra Milano e Pavia, opera di Giuseppe Antignati,
il miglior scultore in legno del XVIII secolo in Milano.
Palabras clave: Soledad;
Milán; Gravedona; San Bernardino; Vismara;
Antignati; Casorate.
In
the
XVII century even in the State of Milan started the devotion to the Virgin of
the Loneliness (Soledad) by jesuit impulse but
probably the first image in Milan was in the church of the Minimum Friars as
says an engraving of 1680 dedicated to the Governor’s wife. Years after the
Charles’ II doctor, who was born in Gravedona,
village of the Lake of Como, gave to the church of the Soledad one sculpture of
the same subject. The images of the Soledad were a lot, but a little have
survived. One was discovered few years ago at Redaelli
Institute in Milan but its origin was in an Jesuit
palace but the most important, in spite of to be anonymous, is that of the
chapel of the Purgatory’s souls in the Saint Bernardin’s
Church in Milan. This chapel was place of devotion of the hispanic
feeling Milanese Nobility not only under the “Austrias”
but also until the Mary Therese’s kingdom. The devotion to the Soledad remained
strong under the Habsburg of Wien. This is demonstrated by a fine statue of the
Soledad made in 1755 by Giuseppe Antignati, the best
wooden sculptor in the State of Milan in XVIII century, in the church of Casorate, a village between Milan and Pavia.
Keywords:
Solitude (Loneliness); Milan; Gravedona; Saint Bernardin;
Vismara; Antignati; Casorate.
atrio nº 23 | 2017 ISSN: 0214-8293 | pp. 52-59
Uno dei culti più ispanici della Lombardia è stato quello dedicato alla Soledad a cui ha dedicato recentemente un ottimo studio Laura Facchin1. Questo mio lavoro chiaramente utilizzerà alcune delle notizie portare dalla studiosa ma si sforzerà anche di integrarlo con altre.
A proposito di Soledad la chiesa di S. Bernardino alle Ossa in Milano vede la presenza di una serie di rapporti artistici e storici con la Spagna anche quando la metropoli lombarda si trovava sotto gli Asburgo di Vienna con persistenza di devozioni spagnole anche in pieno XVIII secolo.
Ciò che nella chiesa o meglio, nella cappella esterna annessa dedicata alle anime del Purgatorio, richiama fortemente la Spagna, è la Vergine della Soledad posta sull’altare. La definizione in castigliano risale alle origini dell’altare stesso, ma non è l’unico caso che possiamo trovare in Lombardia. Possiamo citare, per esempio, il caso della piccola chiesa della Madonna della Soledad a Gravedona sul lago di Como che venne fatta costruire da Giovan Battista Giovannini , nativo del luogo ma emigrato in Spagna e medico personale sia di Don Giovanni d’Austria che di Carlo II, che dotò la chiesa di una statua della Vergine nel 16862 e a cui si deve, probabilmente, pure l’unica immagine dipinta del Cristo di Burgos presente in Lombardia nella stessa chiesa.
La diffusione dell’immagine della Soledad in Lombardia però partì probabilmente dalla chiesa di S.Anastasia a Milano, demolita nel 1728 per fare spazio all’attuale chiesa di S. Francesco di Paola ma nella quale si conservava, secondo un’incisione del 1680, una statua della Madonna della Soledad3. La dedica dell’incisione stessa era rivolta ad Anna Catalina De la Cerda, moglie del conte di Melgar, governatore dello Stato di Milano. In aggiunta alla dedica la signora viene ringraziata anche per aver “enriquecido con la particolar debociòn de Nostra Señora de la Soledad…” la città di Milano.
Dalla stampa superstite
appare palese, per esempio, quanto la Soledad di Gravedona sia somigliante a quella perduta di S. Anastasia ma
non solo. Tale statua è, a sua
volta, somigliantissima ad un’immagine della Soledad che si venerava nel convento della Vittoria di Madrid, gestito
dai Frati Minimi4, esattamente come a Milano
era da loro gestito il convento di S.
Anastasia. L’immagine madrilena era
di Gaspar Becerra5 scolpita
per la regina Isabella di Valois; da
essa è stata tratta una stampa6 che dovette avere una buona diffusione sia in Europa che nel Nuovo Mondo.

Fig.2. Scultore spagnolo, Soledad, Gravedona, chiesa della Soledad.
Fot.: L. Magnani,
D. Sanguinetti (a cura di), Scultura in legno policromo d’età barroca..., Genova 2017.
La fama di questa devozione dovette spandersi abbastanza in fretta anche nelle campagne intorno a Milano visto che esisteva un oratorio a S.Giuliano Monzese intitolato alla “Beatae Virgini Mariae del Consolidat” (sic) che è una storpiatura dello spagnolo “soledad” e che si può spiegare solo con la relativa novità della devozione e la fretta di instaurarla. Tale oratorio non esiste più e anche se ne abbiamo notizia solo dalla Visita Pastorale Pozzobonelli7 ritengo sia stato una delle prime dedicazioni anche se in esso non c’era una statua ma un dipinto.
Per quanto invece riguarda Milano città uno studio abbastanza approfondito è stato fatto da Susanna Zanuso su una Soledad, ritrovata casualmente nei depositi dell’Istituto Redaelli e su una copia della stessa presso la chiesa di S. Bernardino ad Abbiategrasso8. L’opera milanese è firmata e datata da Giuseppe Vismara nell’anno 1700. La Zanuso collegando al simulacro in S. Anastasia il lavoro di Giuseppe Vismara aveva notato, giustamente, un certo arcaismo della figura ma non aveva collegato tale arcaismo con la derivazione della statua, meglio dire delle statue, da un prototipo che era cinquecentesco cioè l’originale madrileno.
Tuttavia se furono i Frati Minimi a rendere pubblico questo culto a Milano è fortemente probabile che, ad essi, siano seguiti i Gesuiti. Dal 1633 si era introdotta la processione del Santo Entierro nelle sere precedenti il Venerdì Santo che prevedeva la presenza di una Vergine addolorata o della Soledad9; sacre rappresentazioni del genere erano patrimonio di vari ordini ma è sicuro che, tra essi, a Milano, spiccavano francescani e gesuiti10, in particolare da parte di questi ultimi nella loro chiesa di S.Fedele.
La persistenza di tale tipo di devozione anche quando la Spagna non c’era più è dimostrata dalle “Cantate” sulla Passione di Cristo che si effettuavano, a cura della Congregazione dell’Entierro, almeno fino alla soppressione dei Gesuiti11. Ad essi e non più ai Frati Minimi va collegato il lavoro di Giuseppe Vismara perché la sua Soledad si trovava, originariamente, presso il Collegio detto della “Senavra” poco fuori le mura di Milano che, forse nel 1699, era diventata sede degli esercizi spirituali del gesuiti12.
L’aspetto “iberico” di tale devozione viene dimostrato alla Senavra anche da un particolare. In Spagna spesso si accoppiava l’immagine dell’Ecce Homo a mezzo busto con la “Dolorosa” o “Soledad”. Tale accoppiata è certo che ci fu alla Senavra perchè, ci dice l’anonimo estensore di un testo edificante, un Ecce Homo, dapprima esposto nella chiesa di S. Sebastiano forse nel 1707, fu poi portato alla Senavra13 in accoppiamento con la Soledad.
Tornando alla cappella ossario di S. Bernardino essa, anche per la sua originalità, divenne quasi subito un fulcro religioso importante per Milano. Alla fine del XVII secolo secolo furono realizzati gli affreschi sulla volta rappresentanti La gloria del Paradiso di Sebastiano Ricci e verso la metà del secolo XVIII si mise in opera l’altare marmoreo. La cappella, fin da quando se ne iniziò la ricostruzione dopo che le era crollato sopra il campanile dell’attigua chiesa di S. Stefano nel 164214 fu luogo di devozione interclassista dalla seconda metà del secolo proprio quando, come detto sopra, la moglie del governatore viene ringraziata per aver introdotto la devozione alla Soledad e in particolare divenne un luogo di riferimento per la nobiltà di costante fedeltà asburgica e quando non asburgica, filospagnola comunque.

Fig.3. Soledad, Milano, chiesa di S.Bernardino alle
ossa. GNU Free Documentation
License.
La prima dimostrazione sta nel fatto che il pittore milanese più legato alla Spagna nell’epoca di Carlo II cioè Cesare Fiori15, dipinse per l’oratorio dei confratelli una Vergine incoronata con S.Bernardino16, dipinto che oggi è, purtroppo, disperso.
Gli esempi più importanti riguardanti l’attrazione che la cappella e poi la chiesa di S. Bernardino alle Ossa ebbero sulla nobiltà filoasburgica e filospagnola riguardano il marchese Cesare Pagani e la contessa Clelia Borromeo del Grillo, a titoli diversi probabilmente coinvolti nell’altare della Soledad.
Il primo ebbe varie cariche all’interno dello Stato di Milano nella seconda metà del XVII secolo; non solo in quanto senatore ma anche e soprattutto per un fortissimo legame con la Spagna; per esempio, in quanto residente a Milano per il principe Filippo Guglielmo di Neuburg si trovò ad avere un ruolo nel secondo matrimonio di Carlo II, re di Spagna, con la figlia del principe tedesco e infatti un suo testo in onore dell’Immacolata Concezione, a cui era devotissimo, fu dedicato proprio alle nozze tra il re e la principessa tedesca e inoltre rappresentò Carlo II nel 1698 alla corte di Modena in occasione della nascita dell’erede estense.
La fine degli “Austrias” fu la sua disgrazia politica ma qui è da metter in rilievo un particolare , forse psicologico e forse di attitudine caratteriale di quella nobiltà e cioè che, per noi, è facile identificare l’idea di fedeltà alla Spagna o qual si voglia altra nazione in quanto luogo di nascita, patria di origine ma per Cesare Pagani, come per altri, la fedeltà non era ad un luogo geografico ma ad una famiglia perciò, dopo la morte di Carlo II, la sua scelta di campo non poteva essere borbonica ma asburgica come fece molta nobiltà milanese del tempo ed è inutile ripetere qui quanto interconnessi fossero i legami, a qualsiasi livello, tra gli Asburgo di Madrid e quelli di Vienna al punto che, io credo, per un nobile milanese filo spagnolo dell’anno 1700, l’una o l’altra capitale non facesse differenza.
Per ritornare al punto, la devozione di tale nobiltà e in particolare del marchese Pagani, era in sintonia con la devozione iberica e la prova sta nel fatto che, come tutti i governatori spagnoli di Milano, ma in particolare il Duca di Osuna, il marchese fosse devotissimo all’Immacolata Concezione17 ma anche molto legato alla cappella di S. Bernardino alle Ossa, in quanto confratello ma anche per un senso personale profondo della morte come dimostrano le sue “poesie lugubri”18 e l’aver lasciato in eredità “ossa”, si suppone di santi, alla cappella19.
Non possiamo sapere se il marchese Cesare Pagani abbia avuto un ruolo nella commissione della statua della Vergine De la Soledad della cappella di S. Bernardino perché, purtroppo, molti documenti sono andati distrutti nell’incendio dell’archivio della Confraternita dei Disciplini che gestiva la cappella stessa. Di sicuro il parroco Nardi, in un suo erudito libretto piuttosto attendibile, pone la presenza della statua al 169520, in coincidenza con la benedizione solenne della cappella e non prima, perché nella Visita Pastorale dell’arcivescovo Federico Visconti del 1682 all’altare è posta una tavola dipinta dove “languentis Viginis imago exornata penicillo conspicitur” e non una statua21.
Tale statua viene definita addirittura, nell’inventario redatto nel 176822 cioè quando la dominazione spagnola era ben lontana nel tempo, Beata Vergine Addolorata di Toledo ovvero un ennesimo riferimento ad un’origine devozionale spagnola con una interessante indicazione geografica. A Toledo esiste la “Real e ilustre Cofradìa de Nuestra Señora de la Soledad” fondata nel 1644 con la propria statua che però è stata realizzata nel 1874 per sostituire quella precedente, bruciata l’anno prima23 ma esistono tuttora varie immagini simili, risalenti all’epoca barocca e tutte simili, sia in Spagna che in America Latina che le nostre di Gravedona , di S. Bernardino e della Soledad che si trovava alla Senavra.
Con la contessa Clelia Borromeo del Grillo invece entriamo in pieno XVIII secolo. Nobildonna di origine genovese, intelligentissima e colta24 faceva parte di quel gruppo di aristocratici che era nostalgico della Spagna tant’è che si trovò coinvolta in una congiura contro Maria Teresa volta a riportare sotto la monarchia iberica Milano25. Tale progetto ritengo sia nato non tanto per amore dei Borboni quanto proprio per una questione di mentalità e nostalgia del lunghissimo dominio. La prova mi sembra proprio da ritrovare in una stampa ancora oggi piuttosto nota dedicata alla contessa Clelia Borromeo del Grillo dove si rappresenta il nuovo altare marmoreo costruito per dare una sede più degna, rispetto al precedente altare ligneo, alla statua. Considerato che la richiesta di fabbricare un altare proviene dai confratelli e che nel 1762 la contessa, ormai molto anziana, era relegata nelle sue terre di Sedriano vicino Milano, dedicarle la stampa penso si debba ad una sua partecipazione alla spesa. Ma questa partecipazione è una spia delle sua simpatie politiche e indica il luogo di riferimento più “ispanico” di Milano, anche se erano tanti anni che la Spagna non c’era più e che ormai le monarchia di Madrid e quella di Vienna erano irrimediabilmente divise.
D’altronde credo che, psicologicamente, solo dal 1736 si sia sciolto il legame di Milano con la Spagna ovvero quando, a dicembre a Vienna, quello che era stato chiamato da Carlo III, quando era ancora re di Spagna prima di diventare imperatore Carlo VI, Supremo Consejo de España che si occupava da sempre anche di Italia, diventa Consiglio d’Italia.
Legame psicologicamente sciolto nelle elites che collaboravano col governo austriaco impegnato nelle riforme illuministe ma non nelle devozioni di massa che, nel corso del Settecento, assumono ancora gli aspetti della Pietà Barocca di cui la Soledad è un esempio classico.
Esisteva infatti almeno un’altra statua della Madonna della Soledad a Milano, rispecchiante il modello classico che conosciamo e che, a differenza delle altre, è stata probabilmente eseguita in epoca pienamente austriaca.
Si tratta della, oggi scomparsa, “Nostra Sig.a della Soledad che si venera nella chiesa di S. Vito al Pasquirolo”. Non viene citata nella guida del Torre e neanche in quella del Latuada che scrive nel 1737. La conosciamo soltanto per una stampa presente nel libretto di una cantata sacra avvenuta il 15 settembre 177726.
E’ perciò altamente probabile che la sua esecuzione sia avvenuta in piena epoca illuminista e d’altronde questa tipologia di immagine è ben lungi dal perdere impatto nel 1700 e per dimostrarlo possiamo fare due esempi, rubricati sotto il nome di Madonna Addolorata ma, in realtà, Soledades per l’iconografia che rappresentano. Una di esse è perduta ma l’altra esiste ancora.
La prima è quella che si trovava nella chiesa di S. Vito al Carrobbio e che conosciamo attraverso una stampa. Se dall’immagine togliamo le sette spade nel petto essa è, nella posa e nell’abbigliamento, esattamente una Madonna della Soledad. Noi sappiamo che essa sostituì un dipinto molto antico che, probabilmente, non era identico alla stampa giacchè l’iconografia dell’Addolorata, molto più rara nel XV e XVI secolo rispetto all’epoca barocca, prevedeva quasi sempre il Cristo morto in grembo perciò penso che questa versione settecentesca non sarebbe esistita senza le Soledades.
Se non esiste più l’esemplare di S. Vito al Carrobbio esiste ancora quella della chiesa di S. Vittore a Casorate Primo, un paese tra Milano e Pavia che è identica, anche perchè l’autore è lo stesso della statua milanese cioè Giuseppe Antignati, il più importante scultore di opere lignee dello stato di Milano nel XVIII secolo27.
L’opera di Casorate Primo è una Madonna da vestire, tra le non molte sopravvissute fino ai giorni nostri ed è collocata all’interno di un altare progettato dal pittore Antonio Longone e realizzato dallo scultore Carlo Nava. Alla base dell’altare, come abitudine nella diocesi di Milano, è collocata una statua del Cristo morto. L’opera, in base alla documentazione esistente, è del 175528.

Fig.4. Giuseppe Antignati, Addolorata o Soledad, Casorate, chiesa di S.Vittore. Fot.: F. Cavalieri, Il patrimonio artistico in Casorate Primo..., Casorate Primo,
2005.
Come copia dell’esemplare di S. Vito al Carrobbio è anch’essa una Soledad ed è, in pratica, gemella di tutte quelle citate prima ma qui si tratta di una committenza in piena epoca teresiana, dimostrazione visiva che le devozioni di origine ispanica continuavano ad esistere tranquillamente anche quando la Spagna nel ducato di Milano era un lontano ricordo al punto da fare pensare che, forse, solo l’arrivo di Napoleone nel 1796 sia stata la cesura definitiva con un passato che era cominciato nel 1535.
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1.
L. FACCHIN, “Scultura mariana
nello stato di Milano:
una prima panoramica sul culto
della Madonna della Soledad”
in L. MAGNANI, D.SANGUINETI (a cura di),
Scultura in
legno policromo d’età barocca. La produzione di carattere religioso a Genova e nel circuito dei centri italiani, Genova, 2017, págs.416-429.
2.
F.S. QUADRIO, Dissertazioni critico
storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi oggi detta Valtellina, III, Milano 1756,
pág. 393. schede SIRBEC
(Lombardia
Beni Culturali)
n.CO250-00395. Secondo L. FACCHIN
la statua di Gravedona è spagnola in Scultura mariana…, op.cit., pág.421.
3.
P. ARRIGONI, A.BERTARELLI, Rappresentazioni di immagini popolari venerate nelle chiese della Lombardia conservate nella raccolta delle stampe di Milano. Catalogo descrittivo, 1936, n.48.
4.
R. DE MESONERO ROMANOS,
El antiguo Madrid, 1861,
(ed. on line 2003), pág.149.
5.
Un doveroso ringraziamento al prof. David Garcia Cueto dell’Università di Granada
per la segnalazione del prototipo della Soledad.
6.
Riprodotta in
cofrades.sevilla.abc.es/profiles/blogs/la-iglesia-de-la-victoria-y-la-hermandad-de-la-soledad-1
e es.wikipedia.org/wiki/Nuestra_Señora_de_la_Soledad.
7.
Archivio Diocesano di Milano
(d’ora in poi ADM),
Visita Pozzobonelli, Pieve di Segrate, vol 22, f 184, 3 aprile 1753
8.
S.ZANUSO, Madonna
della Soledad, in Il tesoro dei poveri; il patrimonio artistico delle istituzioni pubbliche di assistenza beneficenza, Cinisello Balsamo, 2001, págs. 354,355, fig.384.
9.
C.BERNARDI, La drammaturgia della Settimana Santa
in Italia, Milano,
1991, pág. 298.
10.
D.ZARDIN, “L’ultimo periodo
spagnolo (1631-1712)” in Storia religiosa della Lombardia: Diocesi di Milano (2°
parte), Brescia 1990, págs. 592,593.
11.
L’ultima rappresentazione è della sera del secondo venerdì di Quaresima del 1773 in S.LOCATELLI, Edizioni teatrali nella Milano del Settecento, Milano, 2007, pág. 455.
12.
G.GEROSA BRICHETTO, Storia della Senavra, Milano, 1966,
pág. 53.
13.
ANONIMO, Il Trionfo di Gesù Cristo
celebrato sopra il Lago Maggiore l’anno 1712 in Ogebbio Diocesi di Novara nell’esporsi quivi con solenne trasporto uno dè due divoti Crocifissi fatti da
D. Pietro Frasa, chierico milanese, Milano 1714, pág. 26. Purtroppo l’Ecce Homo è attualmente irreperibile.
14.
S.LATUADA, Descrizione di Milano, II, Milano, 1737, pág.21
15.
Cesare Fiori fu attivissimo come creatore di apparati funebri. A lui si deve, per esempio, quello della Duchessa di Osuna elevato in S.Maria alla Scala vedi M. DELL’OMO, “Apparati funebri nella Milano
del secondo Seicento. Le committenze, gli artisti ,
le tipologie” in Barocco lombardo/ Barocco europeo, atti
del convegno, 2-5 aprile 1990, Cinisello Balsamo 1991,
pág. 57 ed era in ottimi rapporti con i governatori: un suo figlio ebbe come padrino
il governatore Juan Enriquez de
Cabrera, conte di Melgar, il marito di Ana Catalina De La Cerda
in Archivio parrocchiale S. Nazaro Maggiore, Battesimi 1651-1683, 1683-1715.
16.
C.TORRE, Ritratto di Milano, Milano, 1674, pág.334.
17.
L.FACCHIN, “Committenze artistiche e suggestioni libertine: il caso del marchese Cesare
Pagani”, in Il pensiero anticonformista e il libertinismo erudito nel Seicento. Il crocevia genovese, Atti del Convegno, Genova 5-7 maggio 2011, Roma,
2014, págs. 274, 275.
18.
FACCHIN, “Committenze..”, op. cit., pág. 283, tali poesie sono citate nell’inventario dei beni del marchese ma non ci sono pervenute.
19.
Archivio di Stato di Milano (d’ora in poi ASM), Religione, P.A, cart.505, Legati.
20.
F. NARDI, Cenni cronologici della chiesa di S.Bernardino, Milano,
1894 págs.41, 42.
21.
ADM, Visite Pastorali, Miscellanea Città, XX, f.55.
22.
ASM, Religione, P.A., crt.494, f.3.
23.
http://www.santasjustayrufina.org/SoledadToledo/
24.
Dizionario biografico delle donne lombarde, a cura di R. LA FARINA,
Milano, 1995, pág.383.
25.
E.VERGA, Storia della vita milanese, Milano, 1931, pág. 370.
26.
Civica Raccolta delle Stampe “A.
Bertarelli”,
434,cart. 17-45.
27.
I dati biografici dello scultore sono stati scoperti da F.BAINI, “Giuseppe Antignati, autore dell’Immacolata per S.Francesco a Lodi”
in Archivio Storico Lodigiano,
2006/2007, págs. 5-24; successivamente A.CASATI, “Giuseppe Antignati (1704-1778) e la sua bottega”,
in Sculture lignee a Vigevano e in Lomellina, a cura di
L. Giordano, Società Storica Vigevanese, Vigevano 2007,
págs. 114-131 e A. CASATI,
“Aggiunte al catalogo di Giuseppe Antignati”, in Viglevanum. Miscellanea di
studi storici e artistici, a. XX, 2010, págs. 46-51; ne ha incrementato il catalogo .
28.
F. CAVALIERI, Il patrimonio artistico in Casorate Primo, una parrocchia, una comunità, Casorate Primo, 2005,págs. 86-88.
Fecha de recepción: 22/01/2017 Fecha de aceptación: 23/03/201